NEET: andare oltre l’etichetta. I 7 volti di una generazione in attesa

Carlotta Donati
Carlotta Donati

Senior Marketing Executive

Press release

Un nuovo libro fotografa da vicino il mondo dei giovani che non studiano né lavorano

Milano, 12 giugno 2025 – In Italia il fenomeno NEET – giovani tra i 15 e i 34 anni che non studiano, non lavorano e non seguono percorsi di formazione – continua a rappresentare una delle sfide più urgenti e meno comprese della contemporaneità. I nuovi dati ISTAT diffusi oggi evidenziano che il 17%* dei giovani italiani rientra in questa categoria, a fronte di una media europea dell’11%**. Il fenomeno assume proporzioni particolarmente critiche nel Mezzogiorno, dove la percentuale raggiunge il 26%. A livello europeo, si va da un minimo del 5% nei Paesi Bassi a un massimo del 19% in Romania.

È in questo contesto che nasce il libro “NEET.  I 7 volti di una generazione in attesa” edito FrancoAngeli, frutto di ricerche qualitative e quantitative svolte da Kantar.

Il libro propone un cambio radicale di prospettiva, puntando a comprendere oltre la retorica chi sono davvero questi giovani e perché si trovano in questa condizione.

Basandosi sull’analisi di 5 tensioni generazionali emerse da una ricerca estesa (M.A.D.E.I.Marginalizzazione, Ansia, Disillusione, Entitlement e Idea di lavoro) lo studio ha identificato sette profili motivazionali profondamente diversi tra loro per vissuti, aspettative e blocchi e che raccontano l’eterogeneità emotiva e culturale del fenomeno NEET in Italia. Un ritratto inedito che restituisce umanità e complessità al fenomeno.

I 7 volti dei NEET identificati e il peso che ciascuno ha all’interno del fenomeno, sono

  1. Gli ambiziosi (23%): spinti da desiderio di affermazione e riconoscimento, cercano un ruolo all’altezza delle loro aspettative.
  2. I disillusi (22%): hanno investito sogni e energie, ma si sono scontrati con un sistema percepito come inospitale. Portano dentro rabbia e sfiducia.
  3. I fragili (16%): emotivamente vulnerabili, hanno bisogno di ambienti sicuri e relazioni di fiducia prima di potersi attivare.
  4. Gli svincolati (12%): vivono alla giornata, spinti da un approccio leggero e spesso individualista. Hanno bisogno di nuove narrazioni e immaginari motivanti.
  5. I sabbatici (11%): hanno scelto di fermarsi. Per loro è fondamentale lavorare su consolidamento e accettazione, prima di un possibile re-ingresso.
  6. I disorientati (8%): confusi e insicuri, non sanno da dove cominciare. Serve un lavoro di orientamento e accompagnamento progressivo.
  7. I sacrificati (8%): portano sulle spalle responsabilità familiari o contesti svantaggiati. Hanno bisogno di un forte supporto esterno per riattivarsi.

Ogni profilo è illustrato nel libro con testimonianze autentiche, analisi motivazionali e visual storytelling. Oltre alla descrizione approfondita, si tratta di un lavoro che apre anche piste per l’azione risolutiva, perché solo distinguendo i bisogni e le motivazioni di ciascun gruppo è possibile costruire soluzioni realmente efficaci.

Il libro suggerisce infatti che, per affrontare il fenomeno NEET in modo risolutivo, è necessario lavorare in maniera mirata, integrando la prospettiva economica e sociale con quella più intimamente psicologica e generazionale: nella direzione del creare un nuovo immaginario per gli svincolati, sull’orientamento per i disorientati, sul supporto concreto per i sacrificati e fragili, sulla rivalorizzazione del concetto di lavoro per i disillusi, sulla dimensione del sogno per gli ambiziosi, su consolidamento e accettazione per i sabbatici. Una strategia differenziata, che nel libro viene declinata in suggerimenti concreti per genitori, aziende, in particolare per il mondo HR, sistema scolastico e istituzioni.

Commenta a questo proposito Federico Capeci – CEO Spain & Italy, Kantar: “I NEET sono anche una deriva generazionale, una sorta di punta di iceberg di un fenomeno ben più profondo che riguarda i nostri giovani. Eppure, il futuro che ci attende ha bisogno dell’energia, delle idee, del modo di interpretare il mondo proprio di tutti i giovani, senza lasciare che qualcuno di essi rimanga indietro, ai margini. Sta a noi, come società, decidere se continuare a considerare i NEET, e più in generale i giovani in difficoltà, come un peso o se iniziare a vederli come un capitale prezioso da capire, attivare e valorizzare.”

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